Napoli. Martedì 26 novembre alle ore 20.00 torna al Teatro di San Carlo per un raffinato recital pianistico Roberto Cominati.
Napoletano, classe ’69, vincitore a soli 24 anni del premio Busoni, Cominati è regolarmente ospite delle più importanti istituzioni culturali italiane e internazionali: dal Teatro alla Scala al Théâtre du Châtelet di Parigi, dal Concertgebouw di Amsterdam alla Fenice di Venezia, dalla Konzerthaus di Berlino al Festival di Salisburgo. E ancora, si esibisce al Gasteig di Monaco di Baviera, alla Monnaie di Bruxelles, al Teatro Colón di Buenos Aires, al Kennedy Center di Washington, in Inghilterra, Belgio, Paesi Bassi, Sud America, Finlandia, Giappone e Australia. Per Decca ha inciso l’integrale per pianoforte di Claude Debussy in due CD, il primo pubblicato nel 2019 e il secondo in uscita per la primavera 2020.
Al San Carlo propone un programma che spazia da Beethoven con la “Sonata per pianoforte n.1 in fa minore Op. 2” e la “Sonata n.30 in mi maggiore Op. 109”, alle composizioni mature di Debussy (“Estampes”, “Pour le Piano”, “L’Isle Joyeuse”). Un meraviglioso viaggio alla scoperta dello strumento che ha rivoluzionato la storia della musica degli ultimi tre secoli.
Le tre “Sonate op. 2” di Beethoven erano già note nel 1795, ma furono pubblicate solo nel marzo del 1796 ed eseguite dallo stesso autore alla presenza di Haydn. Secondo un uso del tempo, il frontespizio delle “Sonate op. 2” lascia all’esecutore la scelta tra il clavicembalo e il pianoforte mentre ben diverso è il discorso per “l’op. 109” che apre il cosiddetto “ultimo periodo” e mette in luce, oltre alle sue straordinarie doti compositive di Beethoven, anche i più reconditi angoli del pianoforte.
Lo stesso pianoforte diventa con Debussy un vaso di Pandora, capace di produrre le soluzioni più innovative e imprevedibili e, come racconta la moglie Emma Bardac, “Debussy suonava quasi sempre in una perenne mezza tinta, con una sonorità piena e profonda senza alcuna durezza nell’attacco. La scala delle nuances andava dal triplo piano al forte, senza arrivare mai a sonorità disordinate in cui la sottigliezza delle armonie potesse perdersi”. Ed erano proprio quelle nuances l’oggetto della ricerca di Debussy: sfumature sonore, dinamiche e timbriche capaci di dare una seconda vita a uno strumento con due secoli di storia alle spalle.