Torino. Dal 30 ottobre al 10 novembre arriva al Piccolo Teatro Strehler “Rumori fuori scena”, una produzione del Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale.
Valerio Binasco mette in scena un cult del teatro contemporaneo, l’irresistibile commedia dell’inglese Michael Frayn che ha debuttato a Londra nel 1982, trasformandosi immediatamente in un successo internazionale.
Lo spettacolo è una celebrazione delle goffe imprese di una compagnia di scalcagnati teatranti. Valerio Binasco, direttore artistico del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, ha una lunga e felice frequentazione con i meccanismi della commedia e con grandi autori come Goldoni, Shakespeare, Molière. Naturale quindi per lui approdare al testo che meglio svela, con affettuoso sarcasmo, le dinamiche che si nascondono dietro a uno spettacolo teatrale, una farsa erotica in tre atti, allestimento, debutto e tournée.
Nel primo atto il pubblico assiste alla “generale”: davanti al regista gli attori provano, in vista del debutto, un intreccio brillante che si regge su un perfetto meccanismo di ingressi e uscite, con equivoci e accenti farseschi. La prova non fila liscia, tra interruzioni, errori, crisi di nervi, tensioni, flirt e riappacificazioni ma, nonostante tutto, la prima è un successo.
Nel secondo atto la scena si capovolge: il pubblico si trova a sbirciare dietro le quinte, dove le ripicche e i litigi tra gli attori inevitabilmente si riflettono sul loro comportamento sul palcoscenico, rendendo lo spettacolo assurdamente esilarante.
Infine il terzo atto, che si svolge alla fine di una lunga tournée. Avranno retto gli attori alla forzata convivenza dentro e fuori dal palcoscenico?
Nel 1992, lo spettacolo è stato trasformato in un film diretto da Peter Bogdanovich e interpretato tra gli altri da Michael Caine e Christopher Reeve.
“C’è un filo che tiene insieme Feydeau, Frayn, e Friends? Credo di sì. Tra l’uno e l’altro capo del filo ci sono molte altre manifestazioni del comico borghese, ovvero del comico integrato. Integrato socialmente. Una delle leggi che li accomuna è la totale assenza di un messaggio malinconico, nemmeno ben nascosto tra le righe, come invece si può trovare in tutte le commedie di Goldoni il quale, pur essendo accusato di essere il capostipite del teatro borghese, non è tuttavia responsabile della nascita del “comico borghese”. Cercare una qualsiasi malinconia nel genere comico borghese sarebbe come cercare erotismo in un fumetto di Paperino. […] La comicità borghese ricalca perfettamente il modello di mediocrità cui la borghesia si ispira e a cui aspira. In questa totale cancellazione di ogni profondità, che ha per conseguenza l’eliminazione del senso di colpa, e se si vuole perfino del peccato originale, io vedo una missione che ha qualcosa di più dell’intrattenimento e apre una strada insolita verso una specie di rivolta. Contro cosa? Contro la pesantezza comune del vivere. In ordine di importanza non è al primo posto nella classifica delle rivolte, ma non è cosa da poco, comunque”.