Roma. “Vassene ‘l tempo e l’uom non se n’avvede”, questo devono aver pensato, magari con parole diverse, i tifosi della Roma accorsi allo stadio Olimpico il 28 maggio 2017 (Roma – Genoa 3 a 2), quando hanno dovuto prendere atto, loro malgrado, che era giunta l’ora di salutare uno dei più grandi giocatori della storia giallorossa.
In questa atmosfera mista di gratitudine, dispiacere e risentimento nei confronti di chi (a torto o a ragione) veniva ritenuto responsabile dell’addio al calcio del Capitano, è comparso sugli spalti dello stadio uno stendardo destinato a restare negli annali del tifo: “Speravo de morì prima”.
A distanza di quattro anni, quella frase è stata ripresa come titolo della fiction in sei puntate, diretta da Luca Ribuoli, in onda da venerdì 19 marzo su Sky Atlantic.
Basata sui fatti narrati nella biografia “Un Capitano”, scritta da Francesco Totti e Paolo Condò, la fiction è incentrata sul racconto dalle ultime due stagioni di attività calcistica del Capitano per antonomasia e ripercorre, con l’utilizzo di flashback e l’inserimento di immagini di repertorio, la parabola sportiva e la vita del protagonista, a cominciare dalla prima infanzia.
Al centro della scena troviamo un calciatore sulla soglia dei quarant’anni che vede profilarsi l’inevitabile fine di una carriera luminosa ma non riesce ad immaginare un futuro lontano dai campi di calcio, con l’aggravante di dover gestire un rapporto conflittuale con il proprio allenatore che non manca mai di rammentargli che è giunta l’ora di farsi da parte per raggiunti limiti di età.
La crisi interiore di quest’uomo, idolatrato dalla tifoseria ed assurto a simbolo di un’intera città, si sarebbe agevolmente prestata ad una eccessiva drammatizzazione della vicenda ed invece gli autori hanno preferito utilizzare il registro della commedia, anche grazie all’inserimento di vere e proprie gag comiche basate su episodi realmente accaduti.
Ecco, quindi, i reiterati furti degli zerbini del condominio di Via Vetulonia da parte dei tifosi in cerca di souvenir o la fuga da un ristorante per sfuggire all’assedio dei tifosi che porta il protagonista a scavalcare il muro di un convento, venendo scambiato per un ladro.
Tuttavia, pur rimanendo a tratti sullo sfondo, non viene mai meno la vena di malinconia che accompagna la vicenda del calciatore sul viale del tramonto.
La scelta del cast è pienamente riuscita, a cominciare da Pietro Castellitto che, nonostante la scarsa somiglianza fisica con il protagonista, riesce a dar vita ad un Totti estremamente credibile tanto nella gestualità che nella cadenza del parlato.
Ottime anche le interpretazioni di Greta Scarano (Ilary Blasi), Monica Guerritore (la mamma-chioccia Fiorella) e Giorgio Colangeli (il papà Enzo) cui spetta il compito di tratteggiare la dimensione più familiare ed intima del Capitano.
Una menzione particolare merita Gianmarco Tognazzi nel ruolo del “cattivo”, Luciano Spalletti, allenatore della Roma nel biennio 2015-2017, additato nel libro quale principale artefice dell’addio al calcio di Totti, nei cui confronti avrebbe tenuto un atteggiamento vessatorio, ai limiti del mobbing.
Bisogna riconoscere che l’immagine di Spalletti, vista con gli occhi di Totti, non rende pienamente giustizia all’allenatore toscano ed avrebbe potuto facilmente lasciare spazio ad una macchiettistica interpretazione da “supervillain”.
La recitazione di Tognazzi, invece, si fa apprezzare proprio per la capacità di mantenere la giusta misura, lasciando al personaggio la dovuta profondità.
Alla luce dei dati forniti da Sky, la risposta del pubblico ai primi due episodi di “Speravo de morì prima” è stata ottima, con una media di 472.000 spettatori (superando anche l’esordio di “The New Pope” di Paolo Sorrentino), ora non resta che attendere le puntate successive.