Napoli. Dal 28 dicembre al 5 gennaio c’è “Tempesta” in Sala Assoli nella versione di Rosario Sparno che ne ha curato anche la regia.
L’opera di Shakespeare è un testo suggestivo in prosa e versi, che si sviluppa in cinque atti, aperto di per sé a svariate interpretazioni. E Sparno ha voluto offrire la propria in quella che qualcuno ha definito una “riduzione” dell’originale, forse perché semplicemente ne ha diminuito l’estensione a soli 60 minuti.
Io la chiamerei piuttosto opera derivata, e non solo perché lo è dal punto di vista tecnico ma per le soluzioni adottate.
Partendo infatti dalla perfetta conoscenza della prima, l’ha scomposta e ricostruita concentrandosi più che sulle tre parole, sui tre concetti che queste sottendono: la magia – la bianca e la nera, l’isola – intesa sia come terra circondata dalle acque che come senso di solitudine umana – e la schiavitù sia letterale che figurata.
Ha creato così qualcosa di nuovo, di grande impatto visivo ed emotivo, declinando in modo contemporaneo la passione della meraviglia e cogliendo aspetti inesplorati delle emozioni generate. La “meraviglia” è stata definita come “la disposizione umana di apertura di fronte al mistero delle cose”.
Grazie appunto a una trama volutamente semplice, Shakespeare è delle emozioni umane che ha voluto parlare, della difficoltà di riconoscerle e di gestirle, e in questo è molto attuale.
Ricordiamo che Prospero, ex duca di Milano, è stato ingiustamente esiliato su un’isola nel Mediterraneo insieme alla figlia Miranda. Egli, grazie ai suoi poteri magici, scatena una tempesta con l’aiuto dello spiritello Ariel e di Calibano, entrambi suoi schiavi, per portare sull’isola Ferdinando, futuro re di Napoli e coautore dell’ingiustizia di cui è stato vittima così da vendicarsi.
La rappresentazione ha preso il via con un prologo recitato dal magnetico Luca Iervolino nel foyer di Sala Assoli: posizionatosi nella biglietteria del teatro, chiuse le porte, ha recitato lì i versi di Shakespeare, per evitare che il pubblico perdesse l’effetto sorpresa della suggestiva installazione di arte contemporanea creata da Antonella Romano: un mare diventato di sale dove sul lato destro era posizionata la vasca in cui Miranda (Paola Zecca) dormiva, in alto sospesa una barca a vela stilizzata color oro, dietro un cespuglio di papaveri in ferro battuto, sul lato opposto un gong di ottone utilizzato dai due interpreti maschili e, all’angolo opposto rispetto a Miranda, Prospero (Massimiliano Foà) seduto accanto a due file di spettatori a delimitare il palcoscenico.
Gli spettatori così hanno vissuto lo stesso spazio fisico degli attori, venendosi così a creare connessioni partecipative che hanno consentito l’abbattimento della quarta parete.
Miranda è stata prigioniera quasi tutto il tempo della sua vasca, potendone uscire solo quando impersonava Ariel, calando sul volto una maschera di tessuto argentato.
Prospero ha mantenuto una maggiore fissità di movimento, conquistando il centro del palcoscenico solo nel momento in cui ha rinunciato al suo potere sull’isola per ritornare a Milano, evento sottolineato dalla liberazione del pesante mantello di velluto e corallo rosso (i costumi, molto curati nella fattura e nella scelta dei materiali, sono di Giuseppe Avallone).
Grande il dinamismo di Calibano, che ha assunto i panni anche di Ferdinando, occupando e attraversando ogni angolo del palcoscenico, delle quinte, per poi apparire in platea alle spalle della seconda fila di gradinate. L’installazione, le luci (il disegno luci è di Simone Picardi), i suoni, i costumi hanno sicuramente contribuito alla perfetta riuscita di questo esperimento ma senza la bravura dei tre protagonisti questo non sarebbe stato possibile. Perché ciascuno, e non solo l’istrionico e affascinante Iervolino, ha dimostrato grande maturità e padronanza della scena nonché capacità di dialogo corale.
Paola Zecca, ad esempio, ha reso bene il passaggio di Miranda da bambina a donna, che si apre all’incontro con l’altro da sé di cui si innamora e al quale andrà in sposa.
Massimiliano Foà è stato un padre – padrone, amante del controllo e poi, quando ha deciso di raccontare tutta la verità alla figlia, diventa un Maestro che le trasferisce la conoscenza del bene e del male, dandole una seconda nascita e offrendo a sé stesso una nuova possibilità. La reazione di Miranda al racconto degli intrighi di potere è la noia e il rifiuto, preferendo l’amore, sentimento capace di cambiare non solo il proprio destino ma anche quello del padre.
Questa di Rosario Sparno è una versione di “Tempesta” decisamente molto curata ed efficace.
Crediti foto: Pino Miraglia.