Napoli. Il 15 novembre, nello straordinario scenario della Cappella del Vasari, presso la Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, nell’ambito del Festival “Sacro Suono” ideato e diretto da Enzo Avitabile, promosso dal Comune di Napoli per il progetto Napoli Città della Musica ed organizzato da Black Art – ETS, si è tenuto il concerto del Maestro Roberto Cacciapaglia. Pianista e compositore poliedrico, diplomatosi in composizione sotto la guida di Bruno Bettinelli presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, muove i suoi primi passi collaborando con Franco Battiato. La ricerca e la sperimentazione sono i tratti distintivi di una carriera caratterizzata da una vastissima produzione artistica che attraversa diversi generi quali ad esempio la musica sacra, quella classica, quella moderna così come il bel canto italiano. Sua è la colonna sonora per l’installazione “Tree of Life” per EXPO Milano 2015.
Lo incontriamo in occasione del concerto.
Maestro benvenuto. Di recente ha pubblicato il suo nuovo progetto discografico “Time To Be” (Virgin Music Group, ndr), potrebbe raccontarcelo?
“Time To Be” è “tempo di essere”: in un momento in cui tutto spinge al fare, all’ottenere, all’agire materiale, mi sono voluto concentrare sull’essere che al contrario significa crescere, imparare. Ritengo che attraverso l’arte si possa recuperare la dimensione più autentica dell’interiorità ed in definitiva evolversi. In particolare, in musica, “il tempo di essere” è l’attimo presente vissuto con consapevolezza, senza che ci si perda nel passato o nel futuro che sono momenti che ruotano con naturalezza. Ad esempio, se durante l’esecuzione di un mio concerto sono realmente presente, si genera un momento di consapevolezza condivisa e di comunione profonda con il pubblico.
Il tour è già ricco di date: il 25 marzo a Milano, il 28 marzo a Verona, il 31 marzo a Bologna, il 1° aprile a Perugia, il 2 aprile a Firenze, il 24 aprile a Roma. Oggi siamo a Napoli, nel magnifico contesto della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi ed appunto quale miglior occasione per presentare questo suo lavoro all’interno del Festival “Sacro Suono”. Ritiene ci sia una connessione con il tema del sacro che tocca in questo album?
Certo, penso ci sia un profondo legame tra “Time To Be” ed il tema cui è dedicato questo Festival. In effetti, posso dire che la mia ricerca, anche da un punto di vista spirituale, è proprio al servizio della musica e del suono. Nella mia carriera ho scritto molta musica sacra: diversi Salmi della Bibbia, un Inno a San Michele Arcangelo ed anche in “Time To Be” c’è un “Pater Noster”. Devo ammettere che la sacralità è un punto centrale del mio lavoro.
A proposito della ricerca, l’indagine sul suono è senza dubbio un pilastro del suo percorso artistico. In particolare, in questo suo ultimo lavoro, mi ha colpito “Alma” che descrive come “una scrittura acustica post-elettronica”. Ecco, su quale aspetto della ricerca musicale si è concentrato in questo album?
Partendo proprio dal brano “Alma”, ad esempio, per “scrittura acustica post-elettronica” intendo dire che la mia musica non prevede l’utilizzo di suoni digitali, sintetici, creati artificialmente. Come ormai faccio da tempo, mi avvalgo di software che lavorano sul suono acustico e che permettono di mettere in risalto gli armonici, ovvero quelle sonorità del pianoforte o anche del violoncello che normalmente non si percepiscono. L’udito infatti recepisce solo un corpo sonoro che però è costituito da una complessa varietà di armonici. Quindi, grazie a questi software, rispettando la natura del suono (e perciò “suono biologico”), senza aggiunte “false” o sintetiche, si riesce a dare una potenzialità ulteriore alla musica. Ecco, tutto ciò in effetti rappresenta l’esempio di un incontro tra tecnologia e natura in cui la tecnologia aiuta a rafforzare la natura e ritengo che, soprattutto nella nostra epoca, sarebbe importante promuovere questa visione, non solo in musica.
E poi, ci dica, c’è un brano che ritiene più iconico o cui è maggiormente legato rispetto a questo suo ultimo lavoro?
Ci sono tanti brani a cui sono legato, sia nell’ambito della mia intera produzione sia rispetto a questo nuovo album. Certo, proprio “Time To Be” credo costituisca un pezzo particolarmente innovativo del mio lavoro: il pianoforte lascia una serie di scie sonore che ricevono espansione proprio grazie alla postazione elettronica, secondo il metodo che ho spiegato. Detto questo, però, è difficile per me stabilire delle preferenze. D’altronde, come si dice a Napoli, “ogni scarrafon’ è bell’ ‘a mamma soja”.
Tornando adesso al concerto, qual è il lascito di stasera per il pubblico?
Come sempre, cerco di trasmettere l’invisibile che poi, in fin dei conti, rappresenta ciò che unisce tutti noi. Da questo punto di vista, il suono è sicuramente interessante perché a differenza della letteratura o delle arti figurative è veicolato da un segno o da un’indicazione visibile. In effetti, mi sembra che la musica sia l’arte più intima e, allo stesso tempo, di maggiore condivisione che ci sia. Durante un concerto, l’emozione musicale è condivisa collettivamente e, contemporaneamente, è vissuta da ognuno interiormente.
Ecco, poi nello specifico, il pubblico che assiste ai miei concerti non cerca solo cultura o intrattenimento ma vede nella musica uno strumento di crescita, intesa quale vera e propria esperienza. Devo riconoscere che ho riscontrato quest’aspetto a prescindere dal luogo del mondo in cui mi esibisco ed in sostanza credo che la musica abbatta tutte le barriere facendo sì che le persone diventino una grande famiglia universale.
Per concludere, adesso come sappiamo è in tour, ma sta già lavorando a qualcosa di nuovo?
In verità, è un lavoro in continuo divenire. Intendo dire che la composizione è un lavoro che deve essere interiorizzato e che, in un certo senso, necessita di essere compreso e sentito nel modo giusto. Quindi, ho certamente delle nuove prospettive ma, per il momento, con il mio pubblico voglio concentrarmi su “Time To Be”.
Desidero infine aggiungere che sono davvero felice di essere a Napoli: ho sempre amato questa città perché si percepisce in modo chiaro che qui risiede una sensibilità di un livello più alto. D’altronde, è la culla della musica. Devo dire che è bello potersi confrontare con la sensibilità profonda del pubblico di Napoli.
Crediti foto: Alice Santi.