Torino. Il coreografo Akram Khan torna quest’anno al Torinodanza Festival con lo spettacolo “Jungle Book Reimagined”, una riscrittura del classico della letteratura inglese “Il libro della giungla” di Rudyard Kipling, che sarà in scena alle Fonderie Limone di Moncalieri il 6 e il 7 ottobre alle 20.45. In questo lavoro il coreografo di origini bengalesi esplora i temi centrali dell’opera, la comunanza tra le specie, l’interdipendenza tra uomini e natura, il bisogno di appartenenza, offrendo un’ulteriore riflessione sulle tematiche della comunione dei popoli, del rapporto uomo-natura, dell’esaltazione di una cultura condivisa. “Voglio immergermi nei miti di oggi e nelle storie dei bambini di domani. Voglio quindi trovare un modo per prendere una storia nota e familiare e osservarla attraverso la lente dei bambini di oggi, i miei figli, i nostri figli, che sono e diventeranno i nostri narratori presenti e futuri. Perché? La storia del “Libro della giungla” mi è sempre stata vicina. Non solo perché da ragazzo ho interpretato il ruolo di Mowgli in una produzione di danza indiana, ma soprattutto per le tre profonde lezioni che contiene e che ho portato con me per tutta la vita. La lezione della comunanza tra le specie, l’interdipendenza vincolante tra uomini, animali e natura e, infine, il senso di famiglia il nostro bisogno di appartenenza. Oggi viviamo in tempi incerti e senza precedenti, non solo per la nostra specie ma per tutte le specie del pianeta. La causa principale di questo enigma è che abbiamo dimenticato il nostro legame con la nostra casa, il nostro pianeta. Tutti noi lo abitiamo, tutti prendiamo da esso e costruiamo su di esso, ma abbiamo dimenticato di restituirgli il nostro rispetto. Per questo credo che dobbiamo cambiare le cose dalla base se vogliamo vedere un futuro più luminoso. Per questo mi sento in dovere di condividere la storia – amorevolmente nota come Il libro della giungla – con bambini e adulti di tutte le culture, per reimparare ciò che noi, come specie, abbiamo convenientemente dimenticato. E credo che il modo più forte e profondo per raccontare questa storia sia la magia della danza, della musica e del teatro. Cosa? Questa produzione ricalca la storia di Rudyard Kipling, ma questa versione particolare è molto più vicina alla mia interpretazione dell’opera originale. Mowgli e tutti i personaggi noti del racconto saranno presenti in questa nuova versione con una nuova colonna sonora. Come? Sono estremamente consapevole dei messaggi profondi dell’opera originale. Ma sono anche consapevole della potenza e della rilevanza di questi messaggi per il mondo di oggi. E ho sempre creduto che prima delle parole ci siano i fatti. Vorrei quindi affrontare questa produzione con un’azione diretta verso il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico colpisce e continuerà a colpire tutte le creature viventi su questo bellissimo pianeta. Allora, come possiamo creare un’opera che utilizzi meno scenografie, in modo da poter viaggiare più leggeri durante le tournée? Dopo l’isolamento, ho imparato ad apprezzare la tecnologia in modi che prima del Covid-19 non apprezzavo. Semplicemente perché mi ha permesso di rimanere in contatto con i miei cari, il mio team artistico e il mondo intero. Senza l’uso della tecnologia mi sarei sentito veramente solo. Per questo vorrei proporre un palcoscenico vuoto… cioè l’assenza di un set fisico. Per farlo, vorrei esplorare, attraverso l’uso della tecnologia, proiezioni come set non fisico. Non dobbiamo dimenticare che il più delle volte la grande narrazione può essere raccontata con gli strumenti più semplici. I nostri corpi, le nostre voci e la nostra convinzione in quella storia”.