Napoli. Una storia in cui coesistono fascino e magia e che, al di là degli aspetti strettamente connessi al mondo dell’archeologia, continua ad alimentare leggende a distanza di secoli dalla morte del suo protagonista. Stiamo parlando di Tutankhamon il quale chiuse gli occhi sul mondo circa 3300 anni fa preparandosi ad intraprendere quel viaggio nell’oltretomba che, soprattutto nel mondo egizio, aveva un’importanza smisurata: quasi 100 anni fa infatti, il 4 novembre 1922, Howard Carter riuscì ad individuare l’ingresso della tomba del “faraone bambino” e da quel momento in poi le porte della storia si spalancarono sulla meraviglia.
Dopo l’incredibile successo ottenuto negli USA e a Firenze, la mostra “Tutankhamon/Viaggio verso l’eternità” è approdata a Napoli lo scorso 23 ottobre trovando la sua collocazione ideale in un luogo suggestivo come Castel dell’Ovo, struttura imponente edificata sull’antichissimo isolotto di Megaride, un edificio che deve il suo nome ad una celebre leggenda legata addirittura al poeta Virgilio. Inoltre, il legame della città partenopea con l’Egitto ha radici ben salde in quanto in Campania, ma soprattutto a Napoli, si registra ben presto la presenza di culti di matrice orientale. A titolo esemplificativo si possono menzionare le attestazioni risalenti al II sec. a.C. del culto di Iside a Neapolis che lasciano intendere, oltre ogni ragionevole dubbio, che all’interno delle mura della città esistesse un tempio dedicato proprio a questa divinità.
La mostra organizzata da Innovation, a cura di Clarissa Decembri, con il patrocinio dell’Assessorato all’Istruzione, alla Cultura ed al Turismo del Comune di Napoli, trova spazio nelle ampie sale del castello e consta di ben 60 reperti originali provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze e di 100 riproduzioni fedelissime del corredo funerario rinvenuto all’interno della tomba del faraone, riproduzioni realizzate a Il Cairo e approvate dal Ministero delle Antichità Egizie.
Dopo una breve spiegazione introduttiva corredata da un video contenente foto originali scattate in occasione del ritrovamento della tomba, il visitatore entra in contatto con i reperti veri e propri come i busti degli antenati di Tutankhamon, tra cui la meravigliosa Nefertiti, un volto che incarna al meglio la bellezza femminile, un archetipo ideale capace di attraversare i secoli senza incorrere nell’obsolescenza delle mode.
L’ambiente successivo, invece, riproduce fedelmente l’ultima barriera dinanzi a cui si trovò Carter prima di accedere al corredo funerario: il visitatore, infatti, mediante una sapiente spaccatura del muro, può ammirare la notevole quantità di mobili, armi, indumenti e vettovaglie che accompagnarono Tutankhamon nel suo iter verso l’immortalità.
Le riproduzioni del carro militare, del trono e addirittura i sarcofagi che ospitarono le spoglie faraoniche stupiscono per l’impressionante ricchezza di dettagli e per la vivacità cromatica che si sposa perfettamente con l’abbagliante luminosità dell’oro senza tralasciare i gioielli, capolavori dell’oreficeria egizia che a distanza di millenni colpiscono per l’attualità e il gusto raffinatissimo.
Ma quali erano le fattezze di Tutankhamon? A questa domanda risponde ancora una volta una fedele riproduzione scaturita dalla tomografia assiale computerizzata effettuata sulla mummia del re. Il risultato è un volto deciso caratterizzato da occhi affilati e labbra turgide ed un fisico longilineo deturpato purtroppo da un’andatura claudicante dovuta al cosiddetto piede equino, una malformazione congenita che affliggeva Tutankhamon sin dalla nascita.
Un intero reparto, poi, è dedicato al complesso procedimento della mummificazione che, se effettuata a dovere, richiedeva circa 70 giorni di lavoro. Nel caso del nostro, purtroppo, il lavoro non fu compiuto correttamente e ciò si evince dal colorito della mummia colpita da una sorta di combustione.
Infine, l’ultima sala presenta altri reperti originali e due mummie. La prima di una bambina di soli sette anni: il suo esile corpicino dimostra un’età ben inferiore rispetto ai canoni a cui siamo avvezzi oggi ma la dolcezza dei tratti e i sottili capelli che ornano il suo piccolo cranio straziano la vista per un’esistenza esauritasi in così breve tempo.
La seconda, invece, è di un individuo di sesso maschile di 32 anni. Di lui si conosce ben poco sfortunatamente e i tratti del volto e del corpo non sono visibili in quanto non si è proceduto con lo scioglimento delle bende.
Chi lo desidera può ultimare la visita attraverso l’esperienza della realtà virtuale che assolutamente consigliamo per averla provata in prima persona. Le ricostruzioni scenografiche sono state possibili grazie ad una tecnologia di avanguardia realizzata da Unsquare Life: il visitatore, così, può vivere direttamente le medesime sensazioni provate da Howard Carter quando varcò la soglia della faraonica sepoltura nella Valle dei Re. Guidati dalla voce di Carter, è possibile conoscere i misteri facendosi ammaliare dal mito della maledizione di Tutankhamon. Al visitatore viene fatto indossare un visore e gli viene chiesto di manovrare con le mani due controller così da ricreare la sensazione di entrare nell’ambiente ricostruito della tomba, scoprendo anche la storia che si cela dietro i singoli oggetti del corredo funerario.
L’esposizione “Tutankhamon/Viaggio verso l’eternità” è un’esperienza che va vissuta perché restituisce con grande fedeltà una pagina saliente della storia dell’archeologia del XX secolo. La mostra interseca al suo interno le notizie giunteci dalle cronache ma non disdegna il racconto del mito offrendo un ritratto alquanto veritiero di una delle personalità più ammalianti della civiltà egizia.