Napoli. Lo scorso 8 giugno lo “Stadio Diego Armando Maradona” si è riempito di gente pronta a cantare con il proprio cantante del cuore: Ultimo, che ha poi replicato anche il giorno dopo. Definito, ormai da anni, “campione degli stadi”, l’artista sta portando avanti il tour “La favola continua”, collezionando sold out e amore dei fan.
Un trailer di ciò che sarebbe successo allo stadio c’era stato il giorno prima del concerto, quando il cantante, arrivato nel suo hotel a Napoli, si è trovato circondato da innumerevoli fan partenopei, che l’hanno aspettato per ore sotto il palazzo dove alloggiava, facendogli pregustare l’affetto che avrebbe ricevuto nei due giorni seguenti.
La data di sabato scorso è stata un tutto esaurito; la gente del prato gold ha deciso di mettersi in fila dalle 9 del mattino precedente aspettando due giorni interi fuori lo stadio. I fan partenopei sono arrivati a essere simili ai fan di cantanti internazionali, tant’è che la mattina del giorno del concerto, alle 5, si contavano già ben 200 persone, accalcate in una fila un po’ disordinata e che, infatti, ha generato un po’ di liti tra il fandom.
Sembrava che nessuno temesse il caldo, smorzato solo dal getto d’acqua della Protezione Civile che veniva usato per rigenerare. Alle 16.30 i cancelli si aprono e la fila si fa ancora più densa e compatta; dopo un breve controllo degli zaini e dei biglietti i gruppi si prendono per mano e inizia la corsa verso le transenne. L’euforia è palpabile, unita al desiderio di essere sotto al palco, desiderio che spinge a far di tutto.
Conquistata la transenna, iniziano le cinque ore probabilmente più lunghe della giornata: l’attesa è ancora più viva, la gente è ormai impaziente, aspetta da troppo tempo ed è ora troppo entusiasta per aspettare ancora.
Con un bicchiere di birra e nuove amicizie nate arriva il momento tanto atteso: le luci dello stadio si spengono alle 21.22 e si levano cori di incitamento verso il cantante.
Il concerto ha inizio quando sul grande schermo prende vita una frase: “Noi siamo… Ultimo”, contornata da tanti piccoli puntini bianchi che sembrano stelle. L’atmosfera si fa più carica di emozione e, mentre tutt’intorno compaiono le prime luci dei telefoni, si comincia con la canzone “Capolavoro”, che viene subito intonata dal cantante, che entra sul palco acclamato dal suo pubblico, sempre più euforico e trepidante. Ultimo si muove bene sul palco, coinvolgendo tutti e correndo spesso sulla passerella. “Sono pazzo di te” viene urlata e ballata, poi si viene travolti dall’emozione per una bellissima sorpresa: parte “Quando fuori piove”, canzone che a Trieste non era stata cantata. Gli “occhi” iniziano a diventare “lucidi”, come recita stesso il nome di una canzone di Ultimo, che verrà poi suonata al piano.
Si passa, poi, alla canzone emblematica del cantante, quella con cui vinse “Sanremo giovani” nel 2018: “Il ballo delle incertezze”. Si ripercorre, infatti, durante il concerto, tutto il suo percorso a Sanremo con i “I tuoi particolari” e “Alba”. Quest’ultima acquista ancora più valore poiché la voce di Ultimo viene accompagnata dalle immagini cruente del genocidio che si sta compiendo a Gaza, le immagini infatti vengono proiettate sullo schermo alle spalle del cantante. Si vedono bambini, donne e uomini con volti che lasciano l’anima straziata. Persone con una vita distrutta, video di ultimi saluti e pianti carichi di disperazione, l’eco di bombe scagliate sulle case e su vittime innocenti riecheggiano in tutto lo stadio, mentre le parole delle canzoni sgorgano lente dalla bocca dei fan, che osservano, questa volta, più le immagini che il loro idolo, mentre una lacrima lenta scende sulla guancia. I video sono tutti in banco e nero, l’unico colore che spicca è il rosso, e ciò ci ricorda un famoso film che tratta dell’Olocausto vissuto dagli ebrei, ossia “Shindler’s List”, di cui ricordiamo la famosa scena della bambina con il cappotto rosso, che vaga confusa per le strade, mentre intorno a sé regna la violenza di un regime cruento. Il rosso, nel film, e durante il concerto, è simbolo di speranza e disperazione, di compassione e violenza, consapevolezza e innocenza, di sangue versato e indifferenza. Coppie ossimoriche forti e emblematiche. La canzone finisce con Ultimo girato verso lo schermo, che osserva una bomba che pone fine alle immagini dietro di lui. Poi, gli applausi.
La scaletta continua con “Ti va di stare bene” e “Tutto questo sei tu”, “22 settembre”, per poi tornare su una canzone più movimentata, “Ipocondria”, le cui parole sono accompagnate dalle incitazioni che il cantante fa ai suoi fan, un “voglio vedervi saltare” urlato nel microfono e assecondato da tutti i presenti. Stessa atmosfera si crea con la canzone per eccellenza ”da stadio”: “Vieni nel mio cuore”, durante la quale tutti saltano e ballano. “Paura mai”, invece, è una canzone che richiama alla consapevolezza e che, quindi, riesce a far riflettere anche se cantata in uno stadio da migliaia di persone, perché tratta di una realtà che tutti affrontiamo, delle paure che naturalmente durante la vita viviamo, ed è per questo che alla frase “ho paura di un futuro vuoto” sul volto di tutti si stampa un sorriso quasi amaro, per la verità che dalle parole di questa canzone straripa.
“Pianeti”, “Rondini al guinzaglio” e “Ti dedico il silenzio” sono altri tre must have indispensabili; alla fine della terza canzone Ultimo chiede di accendere tutte le torce dei telefoni, formare un cielo di flash, e di intonare un pezzo della canzone senza base. Si leva un coro emozionante, migliaia di voci unite in una sola.
“Racconterò di te” è una delle canzoni che l’artista canta al piano, su un piccolo palchetto rialzato dove si trovano gli altri strumentisti; dietro di lui, sullo schermo, viene proiettato il testo della canzone, con in evidenza le frasi più significative.
Per cantare due delle canzoni più recenti torna sul palco principale: durante “Quel filo che ci unisce” scorrono dietro Ultimo le immagini sue e della fidanzata, Jacqueline Di Giacomo, che può ritenersi molto fortunata. Poi “Nuvole in testa”, per la prima volta cantata negli stadi, ma con la stessa energia con cui è stata intonata “Piccola stella”, che, invece, viene fatta da sempre. La dimostrazione lampante che, dal primo all’ultimo album, tutte le canzoni vengono apprezzate allo stesso modo.
L’atmosfera poi cambia, e alla fine della passerella viene posizionata una panchina, come quelle dei parchi di città, ricoperta di frasi di canzoni, come anche il bidone di latta, il pianoforte e la batteria. Tutto dà l’idea di trovarsi in un parcheggio, forse proprio quello di cui Ultimo canta. Gli strumentisti e le voci scendono dal piano rialzato per posizionarsi in questa nuova “ambientazione”. Si avvicina anche lui al microfono, cantando tutte le canzoni del nuovo album, “Altrove”, muovendosi nella piccola sceneggiatura creata, e “Neve al sole” e “Quei due innamorati” seduto sulla panchina. Prima di quest’ultima canzone dal pubblico si leva una voce più forte delle altre, che viene intercettata da Felice, parte dello staff di Ultimo Records, la casa discografica del cantante. Un ragazzo avrebbe voluto fare la proposta di matrimonio alla ragazza. Ultimo li fa salire sul palco, li fa sedere sulla panchina e con la chitarra canta loro la canzone, alla fine della quale lui si inginocchia di fronte a lei e, in un momento carico di amore, il “si” emozionato di lei diventa più forte di qualsiasi cosa. I due si abbracciano, coinvolgendo, poi, anche Ultimo.
Poi scende dal palco e inizia a correre vicino a tutte le transenne del prato gold, stringendo la mano ai fan che, impazziti, si sporgono quanto più possibile per tentare di sfiorarlo. Arriva così ad un altro piccolo palchetto, posizionato all’inizio del prato normale. Si siede al pianoforte e viene avvolto dalle luci, sullo schermo viene proiettato lui in primo piano, alternato alle immagini della folla. Lì canta le canzoni più sentimentali, quelle più intime e che ti scavano dentro. Fa un medley di “Wendy”, “Giusy”, “La stella più fragile dell’universo”, “Tornare a te” e “Buongiorno vita”, per poi accennare il ritornello in napoletano della sua canzone con Geolier: “L’ultima poesia”.
Sul palco principale torna per far vivere uno dei momenti più emozionanti della serata: inizia a recitare “La stazione dei ricordi”, trascinando con la sua voce anche quella di tutti gli altri. Poi, al primo ritornello, inizia a cantare “Le solite paure”, unendo, così, due canzoni cariche della stessa emozione. Prende un palloncino rosso che gli viene passato dallo staff, e le parole che pronuncia fanno piangere molti, poiché fanno ritornare, improvvisamente, a rivivere la tristezza e il dolore peggiore: quello della perdita.
“Mi piace pensare che abbiamo tutto qualcuno lassù che ci guarda e che ci protegge” dice, prima di lasciar volare il palloncino rosso, che tutti seguono con lo sguardo, forse sperando di riuscire a comunicare con quel qualcuno che tanto ci manca.
Torna sul palchetto nel prato per il gran finale: “Sogni appesi”, la canzone che narra della storia non solo del cantante, ma di tutti coloro che lo seguono, tutti coloro che si sentono Ultimi, che vivono sognando in grande, talvolta dovendo affrontare un mondo troppo realista.
Un po’ come l’inno d’Italia viene cantato con la mano sul cuore, sentendosi abbracciati e avvolti dalle parole della canzone, che come uno specchio riflettono i sentimenti di ognuno.
“Da quando ero bambino, solo un obiettivo…” – urla per tre volte Ultimo, per far completare la frase dalla sua gente: “dalla parte degli ultimi, per sentirmi primo”.
Ultimo scende dal palchetto per tornare sulla passerella, intanto ringrazia e chiede un applauso per i musicisti. Poi la frase con la quale ogni suo concerto si chiude, la frase che fa capire di star per tornare alla realtà, che la magia sta per completarsi.
“Davanti a me… Ultimo”. E così partono gli applausi e le urla, forse i pianti, e il suo inchino, dietro il quale si fanno spazio nel cielo dei fuochi d’artificio che infiammano Napoli. Prima di congedarsi è una la raccomandazione che il cantante fa ai suoi fan, quella di non smettere mai di credere nelle favole.
Lo stesso Ultimo, in un’intervista, disse che a un suo concerto si va più per ascoltare se stessi che per ascoltare lui, perché le canzoni che canta sono la storia di tutti coloro che si identificano nel suo nome.
“Magari ti diverti anche in alcuni frangenti, ma a un suo concerto ti emozioni, a un suo concerto tu esci col petto dilaniato”, così Clemente Zard, suo amico e collega, dice nel docufilm. Si esce devastati, è vero, ma contemporaneamente, appena la musica cessa e la magia finisce, senti anche che qualcosa dentro di te si è aggiustato, e quel qualcosa, forse, è il proprio cuore.
Ultimo porta con sé una alchimia, data dalla semplicità dei testi delle sue canzoni unità ad una veracità di sentimenti trasversali che accomuna più generazioni. Credo sia un predestinato , non accade a tutti. Questo articolo fotografa perfettamente quella serata molto emozionante alla quale ho partecipato.