Torino. Al Teatro Alfieri di Torino, dal 2 al 5 febbraio, va in scena “Van Gogh Cafè”, una pièce teatrale dedicata alla vita del pittore olandese Vincent Van Gogh raccontata attraverso l’intensa corrispondenza con il fratello Theo. Lo spettacolo, scritto e diretto da Andrea Ortis, firma eclettica nel panorama del musical italiano, è una commedia musicale con orchestra dal vivo. In una fervida Francia – in un’effervescente Parigi – artisti, letterati, studiosi si incontrano, come rappresentanti del mondo culturale e borghese, all’interno di cafè che, ben presto, si trasformano in centri di divertimento e pensiero, i Cafè Chantant, frequentati da artisti del calibro di Vincent Van Gogh, George Braques, Cezanne, Renoir, Manet, Gauguin, Modigliani. L’antiquario M. Louis Philippe racconta la vita di Vincent anche immergendo il pubblico in grandi proiezioni animate 3D che avvolgono spettatore e scena trasformandola in una Notte Stellata o in un Campo di grano. Lo spettatore si trova immerso nella Parigi di metà ‘800. Lo sfondo musicale attraversa il racconto con la raffinatezza e la personalità dei più grandi parolieri e cantanti francesi da Edith Piaf a Charles Aznavour a Yves Montand. “Geniale, solitario, a volte folle, visionario, sempre in cerca di compagnia ed amicizia, affascinato dalla luce in ogni sua reale ed ineffabile sfumatura. Vincent Van Gogh è il padre dell’Espressionismo e l’emblema del colore. Van Gogh cafè non ne tratta solo ed esclusivamente i contorni psichiatrici, troppo spesso unico focus palesato, piuttosto apre il ventaglio della sua vita, entrando a piè pari negli aspetti più nascosti, reconditi e veri. Il periodo olandese, il rapporto con il padre, la vocazione religiosa, la vicinanza agli ultimi, l’amore per Sien, la malattia, il desiderio di una casa di artisti, l’affetto profondo del fratello Theo, l’amicizia complessa con Gauguin, l’autolesionismo così come lo scenario storico ottocentesco sono parte delle sue opere, anima articolata del suo linguaggio a colori. È questo sguardo di umanità incantata ed incessante, questo continuo peregrinare in cerca di ascolto, questa solitudine profonda e fitta, questa fanciulla raccolta di sensazioni d’anima la base della spina drammaturgica di “Van Gogh cafè”. È l’uomo a svelarsi, ma senza l’obbligo di volersi far comprendere, è Vincent che, in forma amichevole, quasi familiare penetra il vissuto di ognuno attraversando le campiture, mai troppo piene, del dipinto di ognuno. La sua voglia è tenerissima e feroce, il suo desiderio è neonato e netto, la sua “passione” illuminata e animalesca. La follia non è cieca, vede benissimo, percorrendo le strade della luce, appoggiandosi all’impressione della realtà per tramutarsi nell’espressione del moto interiore che, con Vincent, esplode invadendo pacificamente ogni spetto della realtà. “Van Gogh cafè “è questo, corde e fasci di luce che escono dai personaggi in scena, veicoli ineguagliabili di emozione, colori precisi ed unici di una tavolozza che non può essere compresa se non nel suo insieme. Il pennello teatrale, cui la parola è colore steso vive dell’umanità di questo cafè, tela vivente di un racconto per sempre”.