Roma. In uno scenario musicale in cui sempre più spesso la nascita di collaborazioni tra artisti è studiata a tavolino per risollevare le carriere o massimizzare i profitti, ci sono ancora incontri che, oltre ad essere coerenti con le rispettive storie musicali, hanno il sapore dell’autenticità.
In questo caso non parliamo di un incontro proprio così recente, perché Antonello Venditti e Francesco De Gregori sono “nati” insieme al “folkstudio” oltre cinquant’anni fa, incidendo l’album “Theorius Campus”, pubblicato nel maggio del 1972 con l’etichetta discografica RCA, che all’epoca non credeva appieno nei due artisti individualmente.
Da quel momento le storie musicali dei due hanno percorso binari diversi che raramente si sono intercettati, dando così adito alle più disparate storie su una loro storica rivalità, interrotta negli anni da alcuni brani in collaborazioni o vicendevolmente dedicati.
Nel corso degli ultimi tempi però le occasioni di incontro dal vivo tra i due si sono intensificate, culminando in questo nuovo progetto musicale che celebra la loro lunga amicizia sopra e sotto il palcoscenico; dopo la festa d’apertura allo Stadio Olimpico di Roma nell’estate dello scorso anno, i due cantautori hanno infatti girato l’Italia in lungo e in largo, concludendo questa fortunata tournée proprio in questi giorni (e non è ovviamente un caso) nella stessa città dove tutto è iniziato.
Dallo scorso 15 dicembre questo concerto è diventato un album dal vivo, disponibile sia in formato fisico che digitale, che raccoglie una selezione dei quasi 30 brani eseguiti dal vivo durante le serate del tour, per un totale di oltre 90 minuti di musica.
“Il concerto” raccoglie i pezzi che hanno fatto (e fanno ancora) da colonna sonora alle vite di intere generazioni, in una storia sia personale che collettiva; basta ascoltarlo, questo album, per capire che non si tratta affatto di un’operazione nostalgica, né nelle intenzioni né tantomeno nei risultati. Saranno gli arrangiamenti realizzati per l’occasione, sarà la smagliante vocalità dei due cantautori, ma ognuna delle canzoni che compongono questo disco suona come nuova, attuale, ci parla di futuro e non di passato, nonostante si tratti di brani pubblicati anche venti, trenta o cinquant’anni fa. È questo il segreto delle canzoni vere, quelle che raccontano con sincerità storie vissute in prima persona, offrendoci speranza, consolazione, evasione.
Poi c’è la passione, quella di due artisti che non si sono mai risparmiati e che non lo fanno tuttora, né col corpo né con l’anima, portando sul palco esperienze personali che però sembrano riguardarci tutti, intonandosi così alle nostre corde più intime.
Nella scelta dei brani, forse, sono stati sacrificati molti pezzi che avremmo volentieri ascoltato, ma l’ampiezza dei repertori di entrambi è tale da richiedere necessariamente una rigida selezione (basti pensare che con i successi esclusi si sarebbe potuto realizzare almeno un altro album).
Non mancano tuttavia i brani “essenziali” dei due, da “Rimmel” a ‘Sotto il segno dei pesci’, da “Generale” a “In questo mondo di ladri’, passando per “Buonanotte fiorellino” e “Notte prima degli esami”. Nella tracklist anche due dei pezzi della loro prima avventura discografica, “Dolce signora che bruci” e “Roma capoccia”, scritta da un Venditti appena quattordicenne.
Venditti canta De Gregori, De Gregori canta Venditti. Ogni brano ne esce arricchito di nuove sfumature e diverse intenzioni: se in alcuni momenti Venditti rende più “cantati” i brani del Principe e quest’ultimo più “narrate” le canzoni del collega, in altri Venditti si mostra più intimo e De Gregori più aperto e arioso, a dimostrazione di come ognuno dei due sappia bene cosa mettere in luce o tirare fuori dalle canzoni dell’altro. Chi ascolta non ha mai la sensazione che uno “accompagni” i brani dell’altro, ma che ognuno dei due faccia propri quelli del collega, quasi da sembrare scritti per sé.
Tra i duetti realizzati sorprendono particolarmente “Modena”, “Sempre e per sempre” e l’iniziale “Bomba o non bomba”, in cui le peculiarità e i contrasti tra le due vocalità fanno assumere al brano una veste del tutto inedita, ma mai forzata o fuori luogo.
A completare ed impreziosire il quadro fin qui descritto, la presenza di un altro protagonista indiscusso di queste tracce registrate dal vivo: il pubblico; un pubblico che è sì eterogeneo, ma che si unisce in un unico coro che a volte addirittura sovrasta gli stessi cantautori, condividendo con il cuore e con la voce storie di ieri, di oggi e di domani, in un incontro musicale senza tempo.
Crediti foto: Daniele Barraco.