Milano. Sabato 26 marzo debutta, in prima nazionale, al Teatro Grassi, “Zoo” di Sergio Blanco, con Lino Guanciale, Sara Putignano e Lorenzo Grilli.
In scena fino al 5 maggio, lo spettacolo, prima produzione del Piccolo diretta dal regista franco-uruguaiano, racconta il complesso intreccio che lega uno scrittore, una veterinaria e un gorilla in cattività.
I video sono realizzati da Miguel Grompone, le scene da Monica Boromello; i costumi sono firmati da Gianluca Sbicca, le luci curate da Max Mugnai, le musiche e il suono da Gianluca Misiti.
Il testo dello spettacolo è pubblicato da Il Saggiatore nella nuova collana editoriale del Piccolo Teatro di Milano. In libreria dal 31 marzo, con la traduzione di Angelo Savelli e la prefazione di Roberto Marchesini. Il volume verrà presentato durante il periodo di permanenza dello spettacolo (data in via di definizione).
Zoo descrive l’incontro tra uno scrittore (Lino Guanciale) affascinato e al tempo stesso turbato dalla figura di Edda Ciano – figlia di Mussolini, una veterinaria (Sara Putignano) e il gorilla (Lorenzo Grilli) che vive nel laboratorio della dottoressa. Se inizialmente il drammaturgo – alter ego di Sergio Blanco – incontra il gorilla con il solo scopo di scrivere un testo sulle scimmie, man mano che la narrazione procede sotto lo sguardo scientifico della veterinaria, la relazione fra i due inizia a intensificarsi sempre di più, fino a sfociare in una “storia d’amore”, assumendo una dimensione passionale che porta entrambi a scivolare nel desiderio erotico, mettendo in discussione ogni certezza e distinzione tra umano e animale, addestrato e selvaggio, “civilizzato” e “barbaro”.
Fautore della tecnica narrativa dell’autofinzione, attraverso la quale la materia grezza del proprio vissuto è trasformata in finzione, l’autore e regista Sergio Blanco ha creato il testo allo zoo di Parigi, stando realmente accanto a un vero gorilla: “Avevo bisogno della sua vicinanza per poter scrivere – ha dichiarato –. Ogni volta che andavo a vederlo, al giardino zoologico, il mio battito cardiaco aumentava, man mano che mi avvicinavo al recinto. Appena arrivava, ci guardavamo, facevamo dei gesti, poi, a poco a poco, cominciavo a scrivere. Un giorno ho compreso che non stavo scrivendo su di lui ma per lui, e questo mi affascinava. Un altro giorno, i veterinari mi hanno spiegato che anche la frequenza cardiaca dell’animale accelerava quando mi vedeva avvicinarsi. Mi sono dovuto assentare per due settimane. Quando sono tornato, è venuto davanti a me e ha pianto. Ho pianto anch’io. Ed è stato lì, in quel preciso momento, che ho capito che entrambi ci stavamo dirigendo verso qualcosa di innominabile. L’unica cosa che potevo fare era abbandonarmi, cioè darmi anima e corpo alla scrittura. Ed è ciò che ho fatto”.